giovedì 5 maggio 2016

Invasione





Non è vero,

menzogne! Sono tutte menzogne!

Non ci credete davvero,

non lo pensate davvero.

Uomini, fratelli,

donne, sorelle,

guardateli negli occhi,

crudeli,

e dite loro di morire.

Le invasioni, per voi,

valgono in un solo verso.

E i cancelli dei vostri confini

hanno la chiave solo da un lato.

E i cancelli dei vostri cuori,

sono ossidati dall’odio.
Non importa la direzione,

solo la disperazione,

né la sete di conquista,

la fame di salvezza.


Invasione,

l’hanno chiamata.


Lascereste mai la vostra casa, la vostra vita,

per incontrare voi stessi?

Non è passato molto tempo

dalla vostra di invasione.

Chiamatelo Dio, chiamatelo

come vi pare.


Il motivo è ciò che conta.

Come fate a crederci?

Sono menzogne.






Pubblicata per www.abattoir.it

sabato 20 febbraio 2016

Omaggio al Professore Umberto Eco

Oggi tutte le pagine di giornali, le prime notizie dei telegiornali e molti post e commenti su Facebook hanno trattato la notizia della morte di Umberto Eco. Lo hanno definito "mente brillante", "scrittore di best sellers internazionali", "semiologo" eccetera.

Per me, una ex studentessa di lingue, Eco rimarrà sempre un "Professore". Un professore che scrive saggi e libri di testo che leggo per dare gli esami. La sua dipartita lascerà un vuoto nella mia libreria universitaria.

Come scrive Bartezzaghi, su La Repubblica, Eco faceva venire voglia di studiare anche al più svogliato degli studenti! "Non importa quanto hai studiato fino ad ora, conta che cominci a farlo subito".

Ed è quello che mi rimaneva dopo aver letto i suoi saggi o le sue lezioni di comunicazione...



Pensa ad un fiume, denso e maestoso, che corre per miglia e miglia, e tu sai dove sia il fiume, dove l'argine, dove la terra ferma.
Ad un certo punto, il fiume, per stanchezza, perché ha corso per troppo tempo e troppo spazio, perché si avvicina il mare, che annulla in sè tutti i fiumi, non sa più cosa sia.
Diventa il proprio delta.
Rimane, forse, un ramo maggiore, ma, molti se ne diramano, in ogni direzione, ed alcuni riconfluiscono gli uni negli altri, e non sai più cosa sia origine di cosa, e, talora, non sai cosa sia fiume ancora, e cosa già mare...
Umberto Eco
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/saggezza/frase-21114> buzzoole code

lunedì 15 febbraio 2016

Calderòn e il Principe Costante

Tutto accade in un unico luogo,
come una trasparente bolla di sapone,
uno spazio tra cielo e mare
concavo e convesso,
attraversata da luce.
Metafora del globo e dell'universo.
Un cosmo concavo e convesso
che rappresenta la cuna y la tumba,
la vita che porta in sé la morte.


Ho studiato quest'Opera all'università ed è una meraviglia della letteratura. Non sto qui a spiegarvi il significato, la genesi e il simbolismo e l'iconografia calderoniana ma mi piacerebbe riportare dei passaggi clou.



[Fénix si strugge - Primera Jornada, 45-55]

Si yo supiera,
¡ay Celima! lo que siento,
de mi mismo sentimiento
lisonja al dolor hiciera.
Pero de la pena mía
no sé la naturaleza,
que entonces fuera tristeza
lo que hoy es melancolía.
Sólo sé que sé sentir,
lo que sé sentir no sé,

que ilusión del alma fue.


[Muley e Fénix  -  Segunda Jornada 971 - 989]

MULEY: Sí,
que tú eres sol para mí
y para ti sombra yo;
y la sombra al sol siguió.
El eco dulce escuché
de tu voz, y apresuré
por esta montaña el paso.
¿Qué sientes?

FÉNIX: Oye, si acaso
puedo decir lo que fue.
Lisonjera, libre, ingrata,
dulce y süave una fuente
hizo apacible corriente
de cristal y undosa plata;
lisonjera se desata,
porque hablaba y no sentía;
süave, porque fingía;
libre, porque claro hablaba;
dulce, porque murmuraba;
e ingrata, porque corría.



[Don Fernando - Segunda Jornada - 1318 - 1324]

Aquí enmudece la lengua,
aquí me falta el aliento,
aquí me ahoga la pena
porque en pensarlo no más
el corazón se me quiebra,
el cabello se me eriza,
y todo el cuerpo me tiembla.



[Don Fernando - Tercera Jornada - 2654 - 2661 - ultima battuta di Don Fernando]

En el horror de la noche
por sendas que nadie sabe
te guïé. Ya con el sol
pardas nubes se deshacen.
Victorioso, gran Alfonso,
a Fez conmigo llegaste.
Éste es el muro de Fez,
trata en él de mi rescate.


[Don Alfonso - Tercera Jornada - 2778 - 2785 - Fine dell'Opera]

Al son de dulces trompetas
y templadas cajas marche
el ejército, con orden
de entierro, para que acabe
pidiendo perdón humilde
aquí de sus yerros grandes,
el lusitano Fernando,
príncipe en la fe constante.








giovedì 4 febbraio 2016

Rileggere più volte un libro. La mia esperienza con “il Conte”

Articolo tratto da Abattoir.it




Quante volte avete riascoltato la stessa canzone, quella che vi è entrata in testa e non vi ha lasciato più? Quante volte avete visto e rivisto quel film, con quell’attorone gnocco che quando si spoglia fa resuscitare i morti? A me capita davvero spesso, e non solo per Gary Oldman che quando nuota nudo nel ruscello della Lettera Scarlatta fa venire le palpitazioni, o per i System of a Down che mi hanno accompagnato durante gli anni bui del liceo. No, lo si fa perché “è normale”. Non c’è niente di insane nel riascoltare una canzone che ci piace o rivedere un film a noi caro.

Però io ho un altro problema: non si tratta di musica o di film, del resto non so contare quante volte io abbia ascoltato, che so, “Io vengo dalla luna” o visto, ad esempio, “The Matrix”… però vi dirò quante volte ho letto quello che è il mio romanzo preferito.
Spulciando nel web ho cercato informazioni a riguardo, perché pensavo – e penso tuttora – di avere una qualche forma di disturbo psichico. La rilettura di un libro non è una cosa grave, anzi molto spesso è anche consigliata. Rileggere un libro ci fa assaporare dei passaggi che ad una prima lettura sfuggono, ci fa scoprire cose nuove e piccoli dettagli che si possono cogliere solo dopo una visione d’insieme della storia. La rilettura è anche utile per comprendere noi stessi, scoprire se siamo sempre gli stessi o se i nostri gusti o pensieri sono mutati, se ci immedesimiamo sempre nello stesso personaggio o se non ne condividiamo più le scelte.
La prima volta che lessi Pirandello avevo 12 anni. Precoce? Vedevo mia madre che la sera, prima di addormentarsi, leggeva quei suoi bei romanzi rosa e volli emularla. Le rubai un libro ma, dopo diverse pagine di sospiri e singhiozzi strozzati, decisi che non era decisamente il mio genere! Così spulciai a fondo la libreria di famiglia alla ricerca di un libro “per ragazzi”. Ma titoli del calibro di “Il giornalino di Gian Burrasca” o quel famigerato e tanto consigliato da papà, “Cuore”, non facevano per me. Così quando lessi su una copertina “Il fu Mattia Pascal”, provai una certa curiosità. Ah! Quell’Adriano Meis, che si inventa una nuova vita! “Che egoista”, pensavo. Che ne poteva sapere, di Pirandello, una brufolosa me all’età di 12 anni? Comunque lo rilessi a 16 anni. E poi anche a 25 anni. Tre volte. E tre visioni completamente diverse di Pirandello.
Allo stesso modo, ho letto tutta la bibliografia della Austen, ma Mr Darcy che confessa suo malgrado l’amore alla signorina Bennet, l’ho riletto per cinque volte! Ho accompagnato Frodoattraverso la terra di Mezzo per ben tre volte! Harry Potter ha, per quattro volte, sconfitto Voldemort grazie a me!
Ma la mia “malattia” è un’altra: inizia il 12 giugno del 2001. Poi continua il 10 febbraio 2002. In quell’anno anche il 18 maggio e il 5 ottobre. Il 20 maggio e il 21 luglio e il 19 settembre del 2003. Il febbraio del 2004. L’aprile del 2005. Settembre 2006. Aprile 2008. Luglio 2010. Ottobre 2011. Settembre 2012. Luglio 2014 e luglio 2015.
Avete mai letto un libro per 16 volte? Io sì. Trattasi del famosissimo – e temutissimo per stazza e pesantezza – Conte di Montecristo. Regalatomi da mio padre nell’anno 2000, cominciai a leggerlo e lo abbandonai al terzo capitolo, ritenendolo noiosissimo, fino a quando l’anno dopo non gli diedi un’altra chance.
E così, per 16 volte Edmond Dantès è stato incarcerato duramente e ha sofferto nelle segrete del Castello d’If, e per 16 volte ha potuto ergersi a sostituto della Provvidenza e vendicarsi di quei miserabili che avevano costruito la loro fortuna sulle sventure altrui.
Non chiedetemi perché lo abbia fatto: non lo so neanche io. So soltanto che è diventata un’esigenza fisica o biopsichica. Delle volte io “sento il bisogno” di rileggere “il Conte” – come ho preso l’abitudine di chiamare il romanzo. Quando intraprendo una nuova sfida, quando sto passando un periodo difficile, o semplicemente quanto ne “sento il bisogno”, ecco che il Conte è li.
Non ti secca perdere tempo con lo stesso libro? Non lo conosci già a memoria? Ma che gusto ci provi? La gente mi ha sempre guardato male quando ha scoperto questa mia “mania”. Per questo ero restia a parlarne a voi, cari lettori di Abattoir. Ma fatemi un favore, leggete anche voi il Conte! E sicuramente capirete. Nel Conte c’è tutto: amore ed odio, vendetta e perdono, sofferenza e gioia, menzogne incantevoli e verità sublimi.
Non so se questo attaccamento morboso ad una storia e a dei personaggi rifletta un qualche disturbo della psiche, ma so che questa stessa storia e questi personaggi hanno contribuito a formare la Cristina che vi sta scrivendo. Per cui, pace: mi tengo la mia mania e la certezza che tanto, prossimamente, mi ritroverò ad aprire la prima pagina del Conte
“Il 24 febbraio 1815 la vedetta di Nostra signora della Guardia segnalò il tre-alberi Pharaon che arrivava da Smirne, via Trieste e Napoli”

E adesso, giudicatemi fuoddre.

sabato 3 ottobre 2015

Romance de la Luna,Luna. Federico Garcìa Lorca

Non passavo da queste parti da molto tempo. Adesso che sono tornata vi delizio con una versione musicale del Romance di Federico Garcìa Lorca "Romance de la luna, luna" (contenuto nel Romancero Gitano).

Ne sono state fatte diverse versioni come quelle di Paco Ibanez o Camaròn de la Isla in un mood più flamenco, però qui propongo la versione di Carmen Parìs.
Godetevela.







La luna vino a la fragua
con su polisón de nardos.
El niño la mira mira.
El niño la está mirando.
En el aire conmovido
mueve la luna sus brazos
y enseña, lúbrica y pura,
sus senos de duro estaño.
Huye luna, luna, luna.
Si vinieran los gitanos,
harían con tu corazón
collares y anillos blancos.
Niño, déjame que baile.
Cuando vengan los gitanos,
te encontrarán sobre el yunque
con los ojillos cerrados.

Huye luna, luna, luna,
que ya siento sus caballos.
Níno, déjame, no pises
mi blancor almidonado.

    El jinete se acercaba
tocando el tambor del llano
Dentro de la fragua el niño,
tiene los ojos cerrados.

  Por el olivar venían,
bronce y sueño, los gitanos.
Las cabezas levantadas
y los ojos entornados.

  ¡Cómo canta la zumaya,
ay cómo canta en el árbol!
Por el cielo va la luna
con un niño de la mano.

  Dentro de la fragua lloran,
dando gritos, los gitanos.
El aire la vela, vela.
El aire la está velando.


CRISTINA

mercoledì 24 aprile 2013

Urban Living. Corsie preferenziali per surfisti di città.

Un magazine scaricabile a questo LINK
Il magazine comprende una serie di racconti ispirati ad un viaggio, ad una città o ad un luogo, reale o fantastico.

venerdì 21 ottobre 2011

BOMBE DI SOTTOFONDO MINI DRAMMA SURREALISTA

A distanza di un anno ripropongo il mio minidramma scritto in occasione del primo compleanno di Abattoir , nel pdf creato "Piccole bombe crescono". Enjoy.




Bombe di sottofondo

Minidramma surrealista di un atto e mezzo

Due giovani in una stanza, ad un tavolo, studiano. Giovane1 legge, Giovane2 è distratto dalla finestra.

BOOOOOOOM

Giovane1: Che cazzo è stato?

Giovane2: Cosa?

Giovane1: Non hai sentito?

Giovane2: No, cosa? Ooooh! Ma di che ti fai?

Giovane1: Ma davvero non ti sei accorto di niente?

Giovane2: Maaah!

[guardandolo con occhi sgranati. Poi torna a far finta di studiare, ma è sempre distratto dalla finestra.]

BOOOOOOM

Giovane1: ALLORA! HAI SENTITO ADESSO?

Giovane2: Eh? Insomma! Proprio non vuoi farmi studiare, eh?! Ok, dai, vediamo che succede…

[Giovane2 apre la finestra e mette la testa fuori]

Giovane2: Qui non c’è niente, è tranquillo!

Giovane1: Non si vede un cazzo, c’è troppa nebbia!

Giovane2: Maddai! Che nebbia! Anzi, è una bellissima serata! Sai che ti dico? Usciamo a fumare!

[Giovane1 e Giovane2 escono a fumare.

Cambia lo scenario: strada deserta immersa in una leggera foschia con rumori di sottofondo…]

Giovane2: Che serata tranquilla!

Giovane1: A me non ispira nulla di buono. Dai, sbrigati, voglio tornare dentro! Non mi piace la strada!

BOOOOOOM

[Giovane1 rimane immobile con gli occhi serrati, li terrà chiusi fino alla fine. Giovane2 spegne la sigaretta e indugia.

Scendono due stelle dal cielo oscuro. Lo scenario resta la strada, coi rumori di sottofondo. Stella1 si rivolge a Giovane2.]

Stella1: Vuoi ballare con me?

Giovane2: E perché mai?

Stella1: Se ballerai con me sarai felice! Ti porterò nel mio cielo e sarai come un principe!

Giovane2: Sono lusingato da questo invito! Accetto.

[E cominciano a ballare. Stella2 si rivolge a Giovane1.]

Stella2: Vuoi ballare con me?

Giovane1: E perché mai?

Stella2: Se ballerai con me sarai felice! Ti porterò nel mio cielo e sarai come un principe!

Giovane1: Sono offeso da questo invito. Vattene via!

Stella2: Dai, balliamo!

Giovane1: No! Vattene via! Non trascinarmi nel tuo cielo, è un cielo fittizio, di carta velina!

Stella2: Perché non vuoi ballare? Sarai felice, sarai beato se ballerai con me!

Giovane1: No! Vattene via! Non voglio che mi accechi con la tua luce! Voglio vedere i colori della strada!

Stella2: Suvvia! Balliamo! Lasciati andare!

Giovane1: No! Vattene via! Non ammaliarmi col tuo sguardo, non adescarmi col tuo corpo! Voglio avere la facoltà di percepire la bellezza vera, e non fittizia, di oro e brillanti!

Stella2: Dai, balla con me! Balliamo! Balliamo su’!

[Vuole forzarlo a ballare, e intona un valzer.]

Giovane1: NO! Non voglio! Vattene via! Non assordarmi con la tua musica! Io voglio sentire le bombe e capire perché! Perché questo rosso rumore di sottofondo è udito solo da me?

Stella2: Vuoi ignorare la luce? La musica? Le danze? Vuoi tornare nella tua stanza a studiare?

Giovane1: No! Non più! Troppo a lungo sono rimasto chiuso nella mia stanza. Adesso ho deciso di rimanere in strada.

Stella2: E allora resta! Abbandona i rumori di sottofondo e resta con me! Balliamo! Balleremo tutta la notte e giocheremo, e vinceremo le nostre preoccupazioni. Ci ameremo. Ci ameremo per sempre! E questo sentimento per noi sarà come l’acqua per le rose!

[Giovane1 comincia a ridere.]

Giovane1: No! Non ci casco io, alla tua propaganda! Tu parli d’amore, ma sei solo una povera stella rimasta sola ormai! Offri una felicità fittizia, fatiscente, sfuggevole, ed un amore caduco, come le rose! Io voglio restare e sentire i rumori. Voglio vedere fino in fondo alla strada, a questo mondo, senza distrazioni, senza propaganda!

Stella2: Dimentica il trambusto! Dimentica la strada!

Giovane1: No! Voglio sentirlo più forte! Voglio sentire chiaro le bombe, le ingiustizie! Per capire! Capire e finalmente aprire gli occhi. Se ballassi con te non sentirei i rumori del mondo che resterebbero solo rumori di sottofondo. Questa strada è come il mondo, deserto all’apparenza, ma al di là del viale c’è la verità. Voglio abbattere i muri e calpestare le aiuole per poter vedere! Voglio varcare la soglia ed immergermi nel mondo! La verità esplode nella nebbia. Non c’è tempo per ballare. Non c’è tempo!

Stella2: Dimentica! Dimentica! Balliamo! Balliamo!

BOOOOOOOOOOOOOOOM

[Più forte degli altri rumori.

Stella1 e Giovane2 smettono di ballare. Stella1 cade]

Giovane2: Chi ha spento la luce?

Giovane1: Ora posso finalmente aprire gli occhi!

mercoledì 7 settembre 2011

Cieca (Finta fittizia felicità)

Aleggia nella stanza un'aura di pace,
solitudine distesa.

Imbocchereste mai una strada senza uscita?

Due amanti per finta
tra desiderio e affanno.
La mia anima in fiamme
tra passione e dolore.

Finta fittizia felicità.

Quando sei andato via
ho sentito solo il vuoto,
i battiti regolari del mio cuore.
Null'altro era restato,
perché nulla mi hai lasciato.

E il filo che lega i due capi di questa storia
è sottile, teso, e vibra.
Chissà per quanto ancora riuscirà a tenere.

La mia vuota volontà è un rasoio affilato,
scarno e impotente.
E non fa niente.

E ogni volta non è un addio
ma un pallido e debole
arrivederci.

Aspetterò. Fino a quando
tu,
o qualcun altro,
non abbatterete questo muro,
fortezza nella quale ho rinchiuso la mia vita

lunedì 29 agosto 2011

Riempimi

Riempimi.
Riempimi le mani
riempimi la bocca e gli occhi.
Fa' che tutto di te
sia mio.
Vienimi a prendere
non lasciarmi in balia di questo mare
che calmo sulla cresta
nasconde nel suo ventre forze superiori.
Riempimi.
Riempimi di parole
riempimi di carezze e sogni.
Non aver paura, fallo adesso,
prima che il mare mi porti via,
prima che troppo tardi sia.

venerdì 10 giugno 2011

Non è un blog per aforismi

Gli animi travagliati non potranno mai essere pienamente felici. Beata ignoranza. Chi è semplice, riesce a godere delle effimere gioie della vita. Il particolare non riuscirà mai a farlo, perché la realtà gli starà stretta. E si rifugerà nel sogno.

giovedì 2 giugno 2011

TU VOLEVI CHE IO TI VOLESSI MA NON VOLEVI VOLERMI

In un labirinto di pietre e sole
mi son persa stamattina.
Le foglie parlavano di vita
e d'amore.
E ciò che si è perduto,
in fondo, che cos'era?
Non erano pietre
e non era il sole.
Il giorno cinguettava caldo
e l'ombra fuggiva la mia sete.
La vedi la fine della strada?
Io l'ho raggiunta, e ho svoltato.
Nella notte i sogni si perdono
e chi non sa trovarli la mattina,
dorme ancora, dorme sveglio,
e muore di alba in alba.
Come la colomba, che ripetute volte
batte il becco sul selciato,
ho continuato.
Sveglia ci ho creduto.
Ma la sola forza di un sogno non bastava
ad avverare due destini.
Tu dormivi,
e ogni giorno morivi.
Per questo ho continuato solitaria,
non ho mai smesso di vivere e sognare.
Ed eccomi, sono qua.
A perdermi nei labirinti assolati
e a dimenticare ciò che non è stato.

martedì 10 maggio 2011

Impressioni su Triana


8 Maggio 2011


Questo sole che muore dietro Triana
asciuga il gelo di un inverno trascorso,
dirada la nebbia che offuscava la vista.
Come vuole la vita,
questa vita che ci culla
e che ci sbatte, a volte.
Basta attraversare un ponte
per sentire caldo;
basta traversare un ponte
per credere di credere
in ciò che si sogna.

domenica 8 maggio 2011

Un barbone sul fiume

Oggi ero seduta su una panchina del lungofiume e mi stavo godendo un tramonto dietro Triana (il quartiere al di là del Guadalquivir). Avevo il mio bel libro in mano e la musica dell'mp3. Sulla panchina di fianco la mia c'era un senzatetto, con un mini borsone, una bottiglia di vino e la radio che trasmetteva la diretta della partita. Mi fissava incessantemente. Io sentivo il suo sguardo su di me e ogni tanto mi giravo a guardarlo e lui non abbassava lo sguardo.
Quando il tramonto era ormai finito, mi alzo e faccio per andarmene; lui continuava a guardarmi. Ricambio lo sguardo e vedo che mi saluta con la mano, allora io gli sorrido e ricambio il saluto.
Ho visto i suoi occhi illuminarsi.

Morale: sorridere alla gente fa bene. Un sorriso può rendere felici e, soprattutto, è contagioso.

sabato 7 maggio 2011

Sevilla olè olè

Piccolo aggiornamento per chi ogni tanto si ritrova a passare da queste parti. Sono tornata a Siviglia (nella mia amata Siviglia!) e tra qualche giorno comincerò a fare uno stage in qualche alberghetto (mi ci vedete come receptionist?, Beh, io sì)
Qui la vita è una maravilla. Vi saluto e a prestissimo!

mercoledì 20 aprile 2011

Omaggio a Ignazio Buttitta, poeta siciliano. "Lingua e dialetto"

LINGUA E DIALETTO


U popolo
mittìtilu a catina
spugghiàtilu
attuppàtici a vucca,
è ancora libiru.

Livàtici u travàgghiu
u passaportu
a tavola unni mancia
u lettu unni dormi,
è ancora riccu.

Un populu
diventa poveru e servo,
quannu ci arròbbanu a lingua
addutata di patri:
è persu pi sempri.

Diventa poviru e servu,
quannu i paroli non figghianu paroli
e si màncianu ntra d'iddi.

Mi nn'addugnu ora,
mentri accordu a chitarra du dialettu
ca perdi na corda lu jornu.

Mentri arripezzu
a tila camuluta
chi tisseru i nostri avi
cu lana di pecuri siciliani.

E sugnu poviru:
haiu i dinari
e non li pozzu spènniri;
i giuielli
e non li pozzu rigalari;
u cantu,
na gaggia,
cu l'ali tagghiati.

Un poviru,
c'addatta nte minni strippi
da matri putativa,
chi u chiama figghiu
pi nciùria.

Nuàtri l'avevamu a matri,
nni l'arrubbaru;
aveva i minni a
funtani di latti
e ci vìppiru tutti,
ora ci sputanu.

Nni ristò a vuci d'idda,
a cadenza,
a nota vascia
du sonu e du
lamentu:
chissi non nni
ponnu rubari.

Nni ristò a
sumigghianza,
l'annatura,
i gesti,
i lampi nta
l'occhi:
chissi non nni
ponnu rubari.

Non nni ponnu rubari,
ma ristamu poviri
e orfani u stissu.

_______________________

Un popolo
mettetelo in catene
spogliatelo
tappategli la bocca
è ancora libero.
Levategli il lavoro
il passaporto
la tavola dove mangia
il letto dove dorme,
è ancora ricco.
Un popolo
diventa povero e servo
quando gli rubano la lingua
ricevuta dai padri:
è perso per sempre.
Diventa povero e servo
quando le parole non figliano parole
e si mangiano tra di loro.
Me ne accorgo ora,
mentre accordo la chitarra del dialetto
che perde una corda al giorno.
Mentre rappezzo
la tela tarmata
che tesserono i nostri avi
con lana di pecore siciliane.
E sono povero:
ho i danari
e non li posso spendere;
i gioielli
e non li posso regalare;
il canto
nella gabbia
con le ali tagliate.
Un povero
che allatta dalle mammelle aride
della madre putativa,
che lo chiama figlio
per scherno.
Noialtri l’avevamo, la madre,
ce la rubarono;
aveva le mammelle a fontana di latte
e ci bevvero tutti,
ora ci sputano.
Ci restò la voce di lei,
la cadenza,
la nota bassa
del suono e del lamento:
queste non ce le possono rubare.
Non ce le possono rubare,
ma restiamo poveri
e orfani lo stesso.

lunedì 18 aprile 2011

Vuoi goderti la vita? La strada è tutta in discesa!

Ben tornati!
Oggi vi propongo un mio articolo sul "downshifting".
Che diamine è? Beh, una filosofia di vita che afferma che per essere felici dobbiamo liberarci del superfluo...ma non solo!



:) Buon inizio di settimana!

sabato 16 aprile 2011

Ho perso

E' tutto perso.
Ti guardo nel cuore e dico che è tutto perso.
Tempo speso a pensarti
a sognare e aspettare,
è tempo perso.
Lacrime nate dai tuoi silenzi,
dalla tua assenza e distrazione
sono lacrime perse.
Ed io ho perso,
assieme al tempo
assieme alle lacrime.
Ho solo perso.
Quando arriverà l'amore
che ucciderà le menzogne
suddite e succubi di un tiranno glaciale?
L'errante silenzio
pellegrino mi accompagna.
E intanto io ho perso.
Ho perso.

giovedì 17 marzo 2011

Messaggio ai miei "seguitori" (sì è un calco)

Volevo spendere due paroline per ringraziare chi passa da queste parti più o meno frequentemente! Grazie followers. Perché ogni tanto è piacevole essere letti (ascoltati) da qualcuno, fa sempre bene.

Ne approfitto per un breve aggiornamento.

Da novembre vivo barricata fra casa/ufficio/supermercato a Verona. Una città triste. (Attenzione: non ho detto "brutta" ma "triste"). Ricoperta da un perenne strato di nebbia e umidità. Verona è triste perché su di lei aleggia come un fantasma antico, che va tra le viuzze, sui ponti e tocca la punta dei campanili. Fra uno spritz e un acquazzone ho vissuto 4 mesi da dimenticare. Vorrei cancellarli... ma grazie al cielo che è stato un inverno di merda! Sì perché adesso non posso fare altro che giungere alla vetta del Purgatorio, dopo averlo scalato per ben 4 mesi. Una volta giunta in vetta non mi resta che salire al paradiso. E speriamo che ciò che mi aspetta mi ripaghi della dura prova.

A fine aprile tornerò nella mia amata Siviglia a fare uno stage (con il bando di tirocinio Leonardo dell'UE). Ci resterò tre mesi ma basteranno a fare in modo che il sole di tale meravigliosa città asciughi l'umidità di questo inverno appena trascorso...

Comunque sia, adesso ho capito quello che sto facendo: sto cercando.
Cosa? Chiederete voi. Sto cercando quello che cercano tutti: sto cercando un po' di felicità.
E che la trovi in un nuovo lavoro, leggendo un nuovo libro, conoscendo nuove persone, o tra le braccia di un uomo, non ha importanza. Cerco solo un po' di felicità. Cosa che auguro a tutto il mondo.

Grazie ancora miei cari lettori, che possiate essere felici.
PACE

venerdì 11 marzo 2011

C'è una bambina tutta sola sotto la luna

C'è una bambina
tutta sola
sotto la luna
che conta le stelle,
ad occhi chiusi,
e sogna.
Sogna un mondo più solare
dove gli uomini non mentono
e i pensieri possono volare.

C'è una bambina
tutta sola
sotto la luna
che conta le stelle,
ad occhi chiusi,
e spera.
Spera un domani migliore
dove la vita riprende
e la volontà non si annulli in vapore.

C'è una bambina
tutta sola
sotto la luna
che conta le stelle,
ad occhi chiusi,
e ama.
Ama il mondo in cui vive
dove tutto risulta imperfetto
e si sogna per non morire.

mercoledì 9 marzo 2011

Poesia all'ex amante

Come facevi tu
a guardarmi negli occhi
tenendomi la mano,
ed ogni notte dormire con me
anche quando eri lontano.

Perché ti importava
se ridevo o piangevo,
se di notte non dormivo,
e mi chiamavi anche solo
per sentire il mio respiro.

Quel sentimento che a me ti legava
da dove partiva e dove ti portava?

Dimmi, anima,
che con me hai pianto e riso,
per tutto quello che abbiamo condiviso,
cosa devo fare?

Cosa devo fare,
per ritornare a farmi amare?